Domenica sarà una giornata per un certo verso storica per l’Udinese e per uno dei suoi volti più longevi. Dopo trent’anni ininterrotti sulla panchina bianconera, il dottor Aldo Passelli saluterà il club e il calcio professionistico nella sfida contro la Fiorentina, ultima gara di campionato. Un commiato che segna la fine di un’epoca iniziata nel 1995, quando l’Udinese risalì in Serie A con Zaccheroni in panchina e Bierhoff in campo.
«Taglio il traguardo dei 70 anni, mi sembra il momento giusto per fermarmi», ha raccontato Passelli al Messaggero Veneto, rievocando trent’anni vissuti tra cambiamenti profondi e ricordi indelebili. La sua prima volta in A coincise con quella di Zaccheroni, in un Udinese-Cagliari deciso proprio da un gol di Bierhoff. Un debutto carico di simboli per un uomo che, negli anni, è diventato punto di riferimento silenzioso e costante dello staff medico friulano.
Il medico ha assistito all’evoluzione del calcio moderno, evidenziando quanto sia cambiato il contesto negli ultimi decenni: «Oggi è tutto molto più scientifico, la preparazione è individualizzata, la specializzazione accentuata. Se non sei un atleta, non puoi reggere 90 minuti». E lo stesso vale per il suo lavoro, sempre più tecnico, meno legato al rapporto umano: «Una volta il rapporto con i giocatori era stretto. Oggi è esclusivamente professionale. Io preferivo il calcio di qualche anno fa».
Il legame più profondo? Quello con Zaccheroni, allenatore che Passelli ricorda con particolare affetto: «Per ciò che ha costruito tecnicamente e per il suo modo di essere. Ho un grandissimo ricordo di lui». Tra i momenti più emozionanti della carriera, l’ingresso a San Siro: «Quel giorno ho provato una sensazione unica. Ancora oggi mi vengono i brividi a pensarci».
Ma non mancano nemmeno i momenti difficili. Il più pesante resta l’ultima giornata dello scorso campionato a Frosinone: «Se devo descriverla in tre parole: paura, paura, paura». Un pomeriggio di tensione, condito da un curioso episodio medico: il giocatore Davis, appena entrato, si fece male e chiese il cambio, ma Cannavaro decise di tenerlo in campo. «E aveva ragione lui», ammette Passelli col sorriso.
Tra i calciatori seguiti nel tempo, Gerard Deulofeu è quello che ha lasciato il segno per sfortuna: «Non entro nei dettagli, ma il suo percorso è molto complicato. Mi dispiace profondamente per quello che sta vivendo».
Per la sua ultima partita in bianconero, il dottore ha un solo desiderio: «Chiudere con una vittoria e non dover entrare in campo. Vorrebbe dire che nessuno si è fatto male». Un auspicio semplice, ma carico di significato per chi, come lui, ha fatto della discrezione e della dedizione il proprio stile professionale.