Simone Pepe guarda al passato con il sorriso di chi ha saputo trasformare le difficoltà in opportunità. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l’ex attaccante ha ripercorso i momenti chiave della sua carriera, soffermandosi con particolare emozione sull’esperienza vissuta all’Udinese, sotto la guida di Pasquale Marino.
Una tappa cruciale, quella friulana, che segnò una svolta tecnica e personale, con il cambio di ruolo che gli permise di passare da attaccante in difficoltà a esterno determinante in Serie A.
La scelta di reinventarsi a Udine
Pepe non ha dubbi: la sua fortuna fu accettare di cambiare posizione in campo. “In C e in B segnavo tanto, ma in A da attaccante non la beccavo mai,” ha ammesso con schiettezza. “La svolta è arrivata a Udine: c’erano sei punte, da Di Natale a Quagliarella, passando per Floro Flores. A inizio ritiro, Marino mi disse chiaramente: ‘Vai a 200 all’ora, ma qui non giocherai mai’. Io avevo delle proposte, ma risposi che sarei rimasto se mi avesse dato almeno una possibilità”. Una scommessa personale, quella di Pepe, che si rivelò vincente.
L’occasione a Firenze e l’esplosione
Il turning point arriva alla decima giornata di campionato. Complici assenze e infortuni, Pepe viene schierato largo nel 4-3-3 di Marino: “A Firenze faccio due assist, uno a Quagliarella e uno a Di Natale. Vinciamo 2-1. Da lì non sono più uscito.” Un exploit che lo proietta nell’undici titolare e che, nell’arco di un anno, lo conduce fino alla convocazione in Nazionale.
Quella versione di Simone Pepe, grintosa, generosa e tatticamente intelligente, divenne una risorsa preziosa anche per i tecnici azzurri, fino alla partecipazione al Mondiale del 2010.
Una carriera costruita sul lavoro e sull’intelligenza tattica
Il racconto evidenzia la mentalità del giocatore romano, capace di adattarsi e reinventarsi senza perdere il fuoco competitivo. “Riconosco di essere stato bravo a capire il momento e a reinventarmi”, ha dichiarato. Una qualità che ha distinto la sua carriera, fatta di corsa, sacrificio e duttilità, valori spesso più decisivi del talento puro.
Te lo sei proprio meritato…se non ricordo male eri il quinto attaccante, ma la tua professionalità e il lavoro duro hanno fatto il resto…avercene di persone così..bravo